La ricerca storica è sempre affascinante, soprattutto quando l’oggetto di studio è la propria terra, le radici, la cultura e le tradizioni che formano il bagaglio di crescita di ciascuno. In questo caso la passione per la ricerca mi ha spinto a indagare tutto ciò che permettesse di ricostruire la storia relativa alla Confraternita “Maria SS. Immacolata” di Supersano. Un lavoro affascinante, ma arduo, soprattutto per la carenza di fonti documentarie e iconografiche, che nel tempo sono state smarrite, anche per incuranza.
In questo lavoro, il primo più approfondito relativo alla congregazione laica di Supersano e non certo esaustivo, cercherò di delineare a grandi linee gli eventi principali che hanno caratterizzato la storia di questi sodalizi, in generale, e le tappe fondamentali che hanno caratterizzato la nascita e l’evoluzione della confraternita di Supersano, con le poche fonti a disposizione, grazie alle quali è stato possibile aggiungere alcuni tasselli, non ancora messe in luce.
Prima di addentrarci nel vivo della questione, il lavoro necessita una panoramica generale che inquadri i motivi e l’evoluzione che portano all’esistenza di queste associazioni di laici.
Prima di tutto va precisato che la comunità cristiana è, per sua stessa natura, una fraternità[1]. Basti pensare all’immagine paolina del corpus[2], che invita ciascuno ad essere come il corpo che, all’unisono, canta l’unità e le differenze. Nel corso della storia, nella società civile, l’uomo si è sempre aggregato, si pensi alle corporazioni. Anche nella Chiesa prendono forma le aggregazioni laicali e, tra esse, le confraternite: nobili, notabili e contadini si associano, accomunati dalla stessa preghiera, dagli stessi ideali. Sono gruppi che nascono col fine di servire la Chiesa e l’uomo, evitando ogni rivalità. Verso la fine del Medioevo, tra il XII e il XIII secolo, è sempre più forte il desiderio dei fedeli di identificarsi in uno status proprio, che si differisca da quello dei chierici o degli ordini religiosi. I capisaldi che caratterizzano il movimento confraternale, nella seconda metà del XIII secolo, sono: la valorizzazione della madre chiesa, l’espansione della devozione a Maria, le preghiere per i defunti, l’attività assistenziale. Si tratta, in questo caso, di una confraternita mariana, dedicata all’Immacolata, il cui culto, nello specifico, si diffonde in tutta Italia a partire già dal XIII secolo, ad opera dei Francescani, ardenti sostenitori di questo Dogma, asserito, poi, in forma solenne nel 1854 da Pio IX[3].
Nei secoli XIV e XV, in Europa, il movimento delle confraternite accentua l’attenzione verso attività di mutua assistenza e di carità, mentre in Italia si conserva, ancora, la prevalente caratteristica devozionale[4].
Il XVI secolo può essere considerato uno spartiacque nell’esperienza confraternale. Lo scenario cambia totalmente con l’avvento della riforma luterana. Le confraternite, sostenute dal clero e dai religiosi, contestano apertamente le tesi di Lutero e il ritorno ad usi religiosi tradizionali, ritenuti devianti. In collaborazione con le parrocchie, contribuiscono al rinnovamento del cristianesimo promosso dal Concilio Tridentino, riorganizzano il culto e attivano una proficua presenza nelle istituzioni sociali. Lo stesso Concilio, poi, nel 1562 sancisce il diritto dell’autorità ecclesiastica di visitare e controllare i bilanci amministrativi di ospedali, confraternite ed enti caritativi. La stessa esistenza dei pii sodalizi è determinata solo dall’autorità ecclesiastica, che ne decreta l’erezione. I confrati si impegnano a diffondere la dottrina cristiana, il culto Eucaristico e del santo titolare e organizzano la carità nella forma di promozione umana. Si ha una sorta di innovazione, rispetto al passato. Le confraternite, ridisegnate dalle nuove direttive del Concilio di Trento, partecipano al rinnovamento spirituale e potenziano il servizio educativo e caritativo. Esse divengono palestre di vita cristiana, capaci di educare la coscienza e il comportamento delle persone. Lo stesso servizio caritativo si apre a tutte le necessità della società. Inseriti nella Chiesa e nel mondo, questi sodalizi, raggiungono il loro massimo splendore, offrendo un sostegno protettivo che avvolge la persona.
Molto spesso, nel corso della ricerca, si ha la pretesa di ricercare una data incontrovertibile sulla fondazione di una confraternita. Si tratta, però, in molti casi, di tradizioni orali non documentabili. Pertanto, l’unica vera data a cui far risalire la nascita di un pio sodalizio è quella in cui l’autorità ecclesiastica ne ha decretato l’istituzione come tale, nel caso in cui si custodissero i manoscritti. Per la confraternita di Supersano non è stato facile rintracciare fonti e testimonianze, di ogni genere. Questa difficoltà è accentuata a causa dell’abbattimento dell’antico edificio sacro che ospitava i confrati, avvenuto nel 1968, per lasciare spazio all’attuale fabbrica. Un’importante perdita a livello architettonico, che dava valore al territorio. Si pensi che, la fonte documentaria più antica, la Visita pastorale del 1711 di mons. Tommaso De Rossi, vicario capitolare della diocesi di Ugento, riporta queste informazioni: “Attualmente – la chiesa – è molto pericolosa” [5]. Si può dire, dunque, che la vecchia chiesa risaliva, presumibilmente, al XVI-XVII secolo. Si comprende bene come, conseguenza immediata è lo smarrimento di numerose suppellettili e fonti documentarie e iconografiche, forse anche per incuranza.
Attualmente, i documenti più antichi, che attestano la presenza confraternale a Supersano e ne regolano l’esistenza, non sono molti. Si può tracciare un filo conduttore che ne possa ricostruire la storia per sommi capi, grazie alle informazioni custodite nell’Archivio Storico Diocesano, nell’Archivio di Stato di Napoli e di Lecce.
Interessante è, a questo proposito, tutta la politica che ruota attorno alla questione del cosiddetto “regio assenso”, e che ha prodotto una certa mole di documentazione, permettendo di ricomporre i tasselli principali della storia dei pii sodalizi. Si tratta di una discussione che mantiene i toni accesi per tutto il XVIII – XIX secolo e consente di conoscere la composizione, l’organizzazione e la devozione delle congregazioni laicali. Le prime controversie si hanno con le disposizioni regie del regno borbonico, negli anni 1753-1761, e che, con un fare anticlericale, furono determinanti per decretare l’allontanamento dei chierici dalla vita confraternale, reminiscenza delle disposizioni del Concilio tridentino. Considerevole, a proposito, è il Concordato stipulato tra Carlo III e Benedetto XIV, nel 1741, secondo il quale i vescovi, e i chierici in genere, si sarebbero interessati solo dell’ambito spirituale, nominando un revisore dei conti, come delegato. L’amministrazione temporale, ora, è sotto il controllo di un tribunale misto e la revisione può essere ritenuta conclusa con il versamento di un tributo, ad opera di un giudice, laico o ecclesiastico, a scadenza annuale[6].
Risolutivi, per la vita confraternale, sono i successivi rescritti regi che regolano questi aspetti, dalla seconda metà del XVIII secolo e per tutto il XIX, e resi ancor più incisivi con il Concordato stipulato nel Congresso di Vienna, nel 1818. Tre di questi, in modo particolare, puntualizzano la restrizione, se non l’allontanamento definitivo degli ecclesiastici, dagli affari delle associazioni pie[7].
Si chiede, dunque, un riconoscimento legittimo, senza il quale le pie aggregazioni già esistenti non possono restare in vita. Solo un decreto regio può approvarne gli statuti e l’esistenza. Seguono numerosi rescritti che sollecitano i ritardatari, tanto che tra il 1776 e 1777, nella diocesi ugentina solo 13 confraternite chiedono ed ottengono il riconoscimento regio, seppur già esistenti, tra cui la confraternita di Supersano.
Seppur abbastanza antica, la confraternita dell’Immacolata comincia a comparire negli atti, perché legittima, a partire dal 31 giugno 1777. L’atto che ne dichiara la fondazione è conservato presso l’Archivio di Stato di Napoli, oltre al quale è custodito il primo statuto del pio sodalizio[8].
Il controllo e l’ispezione non svaniscono nel nulla, anzi, sono sempre più accentuati sotto il regno borbonico. Nell’arco del 1800, altri mandati regi mirano a controllare lo stato e l’operato delle Opere Pie. Ripercorrendo queste vicende, riemerge alla luce un tassello importante che ha costituito la storia delle congregazioni laicali a Supersano, e che tutti hanno finora ignorato. Nel 1823, con l’arrivo del nuovo Intendente della Provincia di Terra d’Otranto, si avvia la caccia alle “Congregazioni di Pia Istituzione degenerate in adunanze poco religiose, indecenti e con qualche reminiscenza settaria”, richiesta nel febbraio 1825 dal Ministro e Real Segretario di Stato della Polizia Generale di Napoli. L’Intendente sig. Dei Marchesi riceve un rescritto del Sotto Intendente del Circondario di Gallipoli, che attesta lo stato delle congregazioni e confraternite esistenti nel distretto di Gallipoli. Scorrendo il lungo elenco balza all’occhio Supersano che, al 3 settembre 1825 ha due Confraternite: “Della Concezione” – tuttora esistente – e “S. Maria delle Grazie”. Nessuno ha mai parlato dell’esistenza di questo secondo sodalizio, probabilmente soppresso per decadenza o carenza di iscrizioni con il secondo mandato regio, nel 1861, con l’unità d’Italia. Si tratta sicuramente, come spesso accadeva in quel periodo, di una congregazione come quella dell’Immacolata, che si preoccupava di opere caritative e culto religioso, con un’unica differenza, l’assenza di una sede, quale l’edificio sacro.
Si può dunque attestare l’antica devozione mariana che contraddistingue i fedeli di Supersano.
Si tratta di uno stile di vita, questo delle Confraternite, che è manifestato ed espresso dalle insegne e dagli abiti di cui si rivestono i soci. Il camice, che ricorda il saio dei frati è inteso come veste battesimale che richiama il pellegrinaggio della vita cristiana sulle orme di Cristo. Il cingolo è un cordone che richiama le funi con cui fu legato Cristo, anticamente infatti aveva dei flagelli legati alle estremità e veniva usato pubblicamente in segno di penitenza. La mozzetta o mantellina ricorda al confratello che si è rivestito di Cristo e sottomesso a lui.
L’obiettivo è quello di completare questo lavoro di ricerca già iniziato da tempo, in una forma ampliata che possa raccontare nello specifico i tratti salienti di questa pia associazione, affinché tutti possano beneficiare di questo grande patrimonio culturale.
Dott. Fabrizio Mariano
[1] At 2, 42-47.
[2] Rm 12, 4-5.
[3] Cfr. Pius IX, Ineffabilis Deus: definizione dell’immacolato concepimento della B. V. Maria, Osservatore Romano, Città del Vaticano, 2004.
[4] Cfr. Giuseppina Gasparini De Sandre, Confraternite e campagna, in Marina Gazzini (a cura di), Studi Confraternali: orientamenti, problemi, testimonianze, Firenze University Press, Firenze, 2009.
[5] Archivio Diocesano di Ugento (ADU), Visite, 1, Visitatio pastoralis habita pro universa diocesi Uxentina a R.mo D.no D. Thoma necnon Vicario Generali Ecclesiae Cathedralis Uxentinae. A. D. MDCCXI.
[6] Cfr. Salvatore Palese, Le confraternite laicali della diocesi di Ugento nell’epoca moderna, in «Archivio Storico Pugliese» (XXVIII), 1975, p. 154.
[7] I Rescritti regi sono quelli del 21 luglio 1753, del 3 ottobre 1761, del 3 agosto 1762. Cfr. Vito Giliberti, Polizia Ecclesiastica del Regno delle Due Sicilie, Napoli, 1845, p. 135.
[8] Cfr. Archivio di Stato di Napoli, Cappellano Maggiore, fascicolo 22, busta 1199.